La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS acronimo di Poly-Cystic Ovary Syndrome) è una patologia endocrino-metabolica che coinvolge circa il 10% delle donne in età riproduttiva ed è la causa più frequente di infertilità. Viene diagnosticata in base ad una combinazione variabile di segnali, definiti nelle varie Conferenze Internazionali fino all’ultima del 2003 di Rotterdam tra ESHRE/ASRM, che consistono, principalmente, in un eccesso di androgeni e nel malfunzionamento delle ovaie.
Ecco che, si parla di sindrome di ovaio policistico oppure di policistosi ovarica quando l’ovaio non è in grado di rilasciare gli ormoni essenziali per la maturazione degli ovuli, i follicoli non crescono, rimanendo in uno stato di cisti.
La sindrome dell’ovaio policistico molte volte viene scoperta da una donna proprio nel momento in cui, dopo aver pianificato il concepimento, il desiderio materno non si realizza e da lì inizia una lunga serie di accertamenti. Le varie analisi e il percorso diagnostico confermeranno la presenza della PCOS e che, la stessa, è la causa prima della sopravvenuta difficoltà a concepire.
Va sottolineato che esistono casi in cui donne, affette da PCOS, rimangono incinte naturalmente ma, questi casi, hanno per lo più carattere eccezionale. E l’eccezionalità consiste nel fatto che proprio in uno dei cicli sporadici e irregolari si formi un ovulo maturo per la fecondazione. Quando però non accade l’eccezionale, si ricorre a terapie farmacologiche o alla procreazione medicalmente assistita.
DISTURBI ENDOCRINI DELL’OVAIO POLICISTICO (PCOS)
La sindrome dell’ovaio policistico è, quindi, una complessa alterazione funzionale dell’apparato riproduttivo femminile che causa effetti sulla salute della donna di tipo estetico, metabolico e riproduttivo.
La sindrome si manifesta con l’ingrossamento delle ovaie e la presenza di cisti ovariche multiple che provocano una produzione massiccia di ormoni maschili (iperandrogenismo) e disfunzioni ovariche.
Tra i sintomi più ricorrenti, che possono far sospettare la presenza della sindrome dell’ovaio policistico, ci sono ciclo mestruale irregolare o assente, anche per mesi, comparsa di peluria sul viso e sul corpo, problemi di acne, perdita di capelli, più o meno accentuata.
Infatti, nelle donne affette da sindrome dell’ovaio policistico, la sovrapproduzione degli ormoni maschili, in modo particolare del testosterone (iperandrogenismo), comporta la comparsa di eccessiva peluria su viso e corpo (irsutismo) e problemi di acne e caduta dei capelli (alopecia androgenetica, ovvero calvizie di tipo maschile).
Ma, oltre a ciò, lo squilibrio ormonale incide anche sul metabolismo e quindi può portare ad un aumento di peso. I sintomi possono comparire subito dopo la prima mestruazione (menarca) oppure svilupparsi nel corso degli anni e, generalmente, tendono a peggiorare nelle donne in sovrappeso o obese.
La degenerazione della maturazione follicolare nella PCOS
Nelle ovaie sono presenti numerosi follicoli, cavità che racchiudono un ovulo, insieme ad altre cellule che hanno la funzione di supportarne lo sviluppo. Non tutti i follicoli presenti nelle ovaie sono allo stesso “stadio di maturazione” e il progresso dello sviluppo dipende dagli ormoni secreti durante il ciclo mestruale.
Nelle donne in età fertile, durante la fase follicolare del ciclo mestruale, che segue la fase delle mestruazioni vere e proprie, uno di questi follicoli esplode per rilasciare l’ovulo necessario alla fecondazione.
Nelle donne con sindrome dell’ovaio policistico questo non accade. Il follicolo rimane inesploso sotto forma di piccola ciste semplicemente perché si arresta il suo sviluppo e non si raggiunge la completa maturazione. In questa condizione, i follicoli involutivi rimangono troppo piccoli e immaturi per la produzione di gameti fecondabili.
La degenerazione della maturazione follicolare e, in particolare, il processo di arresto dello sviluppo prende il nome di “Atresia Follicolare”.
Ovaio policistico o multifollicolare? Due diverse condizioni cliniche
Talvolta si fa confusione, ma ovaio multifollicolare (MFO) e sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) sono due condizioni completamente diverse.
Eppure, conoscere le differenze e le caratteristiche è molto importante per saperle distinguere e affrontare nel modo corretto.
La MFO (MultiFollicular Ovaries) conosciuta anche come ovaio multifollicolare o ovaio multicistico, è caratterizzata dalla presenza di piccoli follicoli distribuiti in modo sparso nelle ovaie. Si tratta di una condizione piuttosto comune nelle donne, in particolar modo quelle giovani, che generalmente non crea particolari problemi.
L’ovaio multifollicolare, prevalentemente asintomatico, non inibisce l’ovulazione, a differenza dell’ovaio policistico, che assume i connotati di una vera e propria patologia. Tra i fattori che possono predisporre all’insorgenza dell’ovaio multifollicolare rientrano:
- Eccessiva produzione di prolattina;
- Anovulazione;
- Amenorrea secondaria in caso di diete restrittive, stress oppure eccessiva attività fisica;
- Iperstimolazione ovarica;
- Sospensione da contraccettivi ormonali;
- Uso della spirale intrauterina.
Si parla, invece, di PCOS quando l’ovaio policistico è associato totalmente o parzialmente ad altre patologie, quali obesità, anovulazione, iperandrogenismo (aumento di ormoni maschili) con la comparsa di acne più o meno evidente, aumento dei peli corporei. Oltre all’ipertensione e una maggiore predisposizione al diabete.
GLI STUDI SULLE CAUSE DEL PCOS E L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI
Ad oggi, la causa della PCOS è ancora sconosciuta. Si potrebbe considerare a carattere multifattoriale con prevalenza di una forte componente genetica (presenza di specifici geni) e una ambientale (stili di vita e abitudini alimentari).
Tra le teorie più accreditate in letteratura, la più quotata attribuisce l’origine della PCOS ad una serie di eventi sfavorevoli, in ambiente intrauterino, quindi nella vita prenatale della paziente. E che la PCOS si manifesterebbe solo durante il periodo dell’adolescenza e nei soggetti geneticamente predisposti.
Di certo, i fattori coinvolti che danno vita al cosiddetto “ciclo perpetuo dell’ovaio policistico” sono:
- Squilibrio ormonale. Caratterizzato da una produzione eccessiva di ormoni androgeni responsabili dell’acne e dell’anomala crescita di peli (irsutismo);
- Sindrome metabolica. L’iperinsulinemia (alti livelli di insulina in circolo) causata da insulino-resistenza (presente nel 75% delle pazienti normopeso e nel 95% di quelle affette da obesità). L’insulina stimola da una parte l’ovaio e il surrene a secernere androgeni (testosterone) e dall’altra inibisce la produzione da parte del fegato della proteina SHBG (sexual hormone binding globuline) causando difficoltà nell’ovulazione;
- Lieve infiammazione. Condizione che potrebbe stimolare l’ovaio policistico a produrre ormoni androgeni che, a lungo termine, potrebbero essere responsabili anche di problemi cardiovascolari;
- Familiarità. Alcune ricerche suggeriscono che la PCOS potrebbe essere legata alla presenza di specifici geni. Anche se ne sono stati proposti molti, il gene della PCOS non è stato ancora identificato chiaramente. Alcuni studi propongono una vicinanza al gene del recettore dell’insulina. Ma occorreranno ulteriori studi;
- Sovrappeso o obesità. Condizione presente nel 60-70% delle pazienti con PCOS e coesistono con la condizione di iperinsulinemia. L’aumento di peso comporta infatti una resistenza insulinica delle cellule con conseguente aumento della produzione di insulina da parte delle cellule β del pancreas. Nelle persone che sono riuscite a ridurre l’accumulo di grasso viscerale a livello addominale si è osservata la ripresa dell’ovulazione.
Come si giunge ad una diagnosi da Ovaio Policistico? Riconoscere i sintomi per agevolare la diagnosi.
La diagnosi può essere difficoltosa, poiché i cambiamenti fisiologici che avvengono in una ragazza durante la pubertà possono dar luogo a sintomi simili a quelli osservabili dalla sindrome dell’ovaio policistico.
Per questo dal 2003 il Rotterdam ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) e l’ASRM (American Society for Reproductive Medicine) hanno stabilito tre criteri per semplificare la procedura di diagnosi della sindrome dell’ovaio policistico, che consistono nella presenza di almeno due dei seguenti parametri:
- Disfunzioni ovariche con irregolarità mestruale;
- Iperandrogenismo;
- Cisti ovariche.
Un corretto iter diagnostico prevede diverse tappe:
Anamnesi. Si tratta della fase principale della procedura diagnostica perché permette di orientare l’attenzione su una determinata situazione patologica. Vengono presi in considerazione lo sviluppo puberale e le caratteristiche della ciclicità mestruale della paziente. Viene, inoltre, esaminata la storia familiare, lo stile di vita, le variazioni di peso corporeo, il tipo di alimentazione. E, soprattutto, rimane di fondamentale importanza definire la tipicità dei sintomi in esordio. Un esordio rapido (2-6 mesi) impone l’esecuzione di esami strumentali (ecografia, TC, RM) essendo registrate casistiche di tumori. Un esordio più lento (1-4 anni) è più tipico della PCOS.
Esame obiettivo. Esame che persegue lo scopo di quantificare i segni clinici derivanti da una esagerata produzione di androgeni. Le donne con disturbi da iperandrogenismo manifestano la presenza di acne, seborrea, cute grassa, irsutismo e spesso anche irregolarità mestruali. È importante definire anche l’eventuale obesità tramite il BMI (Body Mass Index – Indice di Massa Corporea) e la distribuzione del tessuto adiposo, androide o ginoide attraverso il calcolo di rapporti corporei (ad esempio rapporto vita/fianchi).
Valutazione dell’assetto endocrino. La valutazione ormonale include il dosaggio di LH, FSH, PRL, estradiolo (E2), 17OHP, DHEAS, androstenedione, testosterone totale e libero, SHBG, TSH, fT3, fT4, cortisolo. Per ottenere dati più precisi e affidabili si eseguono test di stimolo della funzione ormonale. Quelli più utilizzati sono:
- Pulsatilità di LH e FSH. Per analizzare la secrezione delle gonadotropine in termini di ampiezza e frequenza e quindi evidenziare le caratteristiche di secrezione dell’LH tipiche della PCOS;
- Test al GnRH. Per valutare la risposta dell’ipofisi alla stimolazione con il fattore di rilascio per le gonadotropine;
- Test di soppressione dell’ACTH con desametasone. L’ACTH prodotto dall’ipofisi stimola la ghiandola surrenalica inducendo la produzione di glucocorticoidi che vanno a influenzare il metabolismo degli zuccheri e la formazione di androgeni.
In base ai risultati si riesce a capire qual è la principale fonte di androgeni nella paziente, ossia l’ovaio o il surrene.
Valutazione dell’assetto metabolico. Come anticipato, tra le cause metaboliche, l’insulino-resistenza svolge un ruolo chiave. L’insulina è un ormone secreto dal pancreas che permette l’assimilazione dei nutrienti dell’alimentazione. Quando se ne produce molta, in seguito ad iperalimentazione e scarsa attività fisica, l’organismo mette in atto strategie di difesa in cui i tessuti prendono solo la quantità di ormone che interessa. Mentre il resto lo rilascia liberamente nell’organismo con una conseguente iperinsulinemia compensatoria. Questa situazione di insulino-resistenza porta a produrre una maggiore quantità di androgeni. Ecco che gli esami che si eseguono solitamente sono:
- insulinemia basale;
- secrezione insulinemica sotto stimolo;
- secrezione insulinemica diurna;
- clamp euglicemico iperinsulinemico.
Esame ecografico. Il solo dato ecografico non sarebbe sufficiente a diagnosticare la sindrome da ovaio policistico. Ma rapportandolo agli altri esami eseguiti dalla paziente può restituire un quadro diagnostico fedele. In generale, l’innalzamento dei livelli degli androgeni determina sui follicoli un arresto nella loro maturazione con conseguente evoluzione verso l’atresia.
Sono proprio i follicoli atresici a conferire alle ovaie l’aspetto policistico. L’immagine ecografica classica è quella di ovaie aumentate di volume, contenenti un aumentato numero di piccoli follicoli (in diametro da 2 a 8 mm) disposti principalmente sotto la corticale ovarica.
Conseguenze dei ritardi delle diagnosi di PCOS
La sindrome dell’ovaio policistico ha diverse, gravi, complicazioni. Gli elevati livelli di estrogeni amplificano il rischio di iperplasia endometriale e possono causare il carcinoma dell’endometrio.
L’iperinsulinemia, causata dall’insulino-resistenza, genera una sovrapproduzione ovarica di androgeni. Questo eccesso, a lungo termine, aumenta il rischio di disturbi cardiovascolari, compresa l’ipertensione e l’iperlipidemia.
Un recente studio condotto su circa 80.000 donne, seguite per più di 10 anni, ha confermato che la presenza di ovaio policistico è un fattore di rischio per lo sviluppo di diabete di tipo 2 che, insieme alla ridotta tolleranza al glucosio, aumentano il rischio di apnea ostruttiva del sonno. Inoltre, la lieve infiammazione cronica, associata alla sindrome dell’ovaio policistico, determina anche un maggior rischio di steatosi epatica non alcolica.
Risulta a questo punto chiaro come una diagnosi precoce ed uno stile di vita adeguato molte donne, con sindrome dell’ovaio policistico, possono prevenire o ridurre i sintomi fisici, psicologici e le comorbilità legate a questa patologia.
Il consiglio è quello di rivolgersi a uno specialista nel momento in cui insorgono i primi sintomi (anche solo l’accumulo di grasso addominale), questo perché i cambiamenti riguardanti lo stile di vita e le abitudini alimentari hanno bisogno di tempo per essere attuati. Sarebbe auspicabile, quindi, effettuare la diagnosi di PCOS durante l’adolescenza poiché in questo modo ci sarà tempo per poter intervenire efficacemente.
Quanto conta l’alimentazione nella Sindrome da Ovaio Policistico?
Un corretto approccio alimentare può essere, sicuramente, d’aiuto nel contrastare le complicanze causate da PCOS. Certo è che, dovendosi considerare terapie personalizzate, sarà necessario rivolgersi a figure professionali come nutrizionista o dietista e che le seguenti indicazioni hanno solo scopo informativo e non esaustivo.
In ogni caso, sovrappeso, insulinoresistenza, dislipidemia, ipertensione e altre situazioni infiammatorie croniche possono essere tenute sotto controllo apportando alla dieta quotidiana, a seconda dei casi, alcuni accorgimenti:
- Controllo del regime ipocalorico in caso di sovrappeso o obesità. L’assunzione calorica da alimenti deve essere tale da consentire una perdita di peso o meglio di grasso corporeo ed è quindi necessario sia compreso tra il metabolismo basale (consumo energetico a riposo) e il fabbisogno energetico totale (metabolismo basale + calorie derivate dalle attività quotidiane). La perdita di tessuto adiposo porta sia ad una migliore regolazione dell’ormone insulina sia a benefici dal punto di vista cardiovascolare con un miglioramento di alcuni parametri metabolici (g. colesterolo, trigliceridi, transaminasi ecc.);
- Consumo di cereali integrali e legumi. I primi, oltre a conservare buona parte di minerali e di vitamine del gruppo B, sono ricchi di fibre che permettono un più lento assorbimento di carboidrati ed evitano un eccessivo stimolo insulinemico. I secondi possiedono importanti e benefiche proprietà a livello endocrino e metabolico;
- Riduzione dell’assunzione di zuccheri semplici al di sotto del 15%. Un eccesso di zuccheri semplici, oltre ad avere effetti negativi in termini glicemici, ha un notevole potere pro-infiammatorio soprattutto a carico della mucosa intestinale portando spesso a una condizione disbiotica;
- Apporto corretto di omega-3. Oltre al ben noto effetto protettivo cardiovascolare, questi nutrienti promuovono la “cascata metabolica” di tipo antinfiammatorio e migliorano la sensibilità insulinica;
- Consumo costante e frequente di frutta e verdure. Queste ultime, oltre a essere ricche in fibre alimentari, conservano al loro interno importanti molecole antiossidanti. È, quindi, consigliabile consumare 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura cambiandone il colore (il quale corrisponde a specifiche caratteristiche nutrizionali) poiché i diversi componenti (vitamine, fibre, minerali e antiossidanti) donano a questi alimenti un effetto protettivo nei confronti di diverse patologie;
- Eliminazione di picchi glicemici in giornata. Si verificano soprattutto quando passa molto tempo tra i pasti principali o quando si effettuano piccoli sgarri quotidiani a base zuccherina. È necessario garantire almeno 5 pasti giornalieri di cui 2 a basso impatto calorico con frutta possibilmente a basso indice glicemico o con frutta secca o yogurt magri.
Sono invece sempre più consistenti le prove a favore di un’interferenza positiva, in termini endocrino-metabolici, di molecole come inositolo e antiossidanti (e.g. acido alfa-lipoico o acidi grassi omega-3) sulla sintomatologia da PCOS a maggior ragione quando vi è un’assunzione controllata.
E di certo, si raccomanda di utilizzare la cottura al forno, al vapore o al microonde (evitando la frittura), di limitare l’uso di formaggi (preferendo quelli freschi) e di ridurre il più possibile il consumo di carni grasse, salumi e insaccati, strutto, burro e panna (ricchi di acidi grassi saturi).
SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO. LA FECONDAZIONE ASSISTITA, PIÙ CHE UN’ALTERNATIVA
Di certo, possiamo ritenere che la sindrome da Ovaio Policistico (Polycystic Ovarian Syndrome) è una patologia cronica che colpisce le donne, oltre che da un punto di vista fisiologico, anche sotto il profilo psicologico. La componente psicologica non deve essere sottovalutata, proprio per le rilevanti influenze di tipo negativo nella stessa qualità della vita.
Si tratta, infatti, di una condizione che altera la femminilità delle pazienti affette da PCOS, basti pensare all’irsutismo, all’acne e all’accumulo di tessuto adiposo in zona addominale. Questo in un periodo particolare della vita relazionale come l’adolescenza. Periodo in cui la percezione di sé e l’aspetto fisico sono fondamentali per l’accettazione di sé e nella relazione con gli altri.
Essere colpite da Ovaio Policistico comporta conseguenze psicologiche? Quali gli ostacoli?
Un articolo scientifico del 2021 ha analizzato diverse problematiche cercando di valutare le implicazioni a partire dalla compromessa capacità fisiologica delle donne di mantenere un peso costante. Si tratta di donne con alterazioni ormonali e metaboliche, che facilitano l’aumento di peso e mutano l’appetito.
Un altro importante ostacolo, evidenziato dalla ricerca, è la stanchezza cronica che non può che essere correlata al fatto che, le stesse, presentano una ridotta qualità del sonno. Quest’ultima potrebbe essere dovuta ad apnea ostruttiva, in caso di obesità, o da alterazioni ipotalamo-ipofisarie.
Dalla stessa ricerca si evidenzia come le donne, affette da ovaio policistico, si considerano meno meritevoli e capaci, sono a disagio per il loro aspetto fisico. Si sentono “diverse” e vincolate alla loro diversità. E questo non fa che acuire i sintomi depressivi e allontanarle dal mantenimento di uno stile di vita più sano.
Inoltre, è stato rilevato che le donne con PCOS sembrano soffrire maggiormente di disturbi da alimentazione incontrollata (BED – Binge Eating Disorder) ossia la tendenza ad abbuffarsi senza poi attuare alcuna metodica di compensazione.
Ecco che, alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) ma anche gli estrogeni (da sempre strettamente legati al benessere emotivo delle donne), il progesterone e androgeni influenzano l’umore, la sessualità e il benessere psicologico modulando le trasmissioni neuronali in maniera anomala.
Anche un altro studio, pubblicato nel 2015, ha evidenziato che maggiori livelli di LH (caratteristica delle donne con ovaio policistico) e altri squilibri ormonali sono strettamente correlati alla tendenza a sviluppare ansia e depressione.
Terapie farmacologiche per la PCOS e implicazioni sulla salute riproduttiva
Per anni, l’unico trattamento per la sindrome dell’ovaio policistico è stato il ricorso a un contraccettivo ormonale, la pillola estroprogestinica, dotata di estrogeni e ormoni progestinici antiandrogeni. Questo contraccettivo, insieme all’anello vaginale e al cerotto, consente di mettere a riposo l’ovaio, evitando il progresso e la degenerazione della malattia. E, grazie agli ormoni progestinici, contrasta anche i sintomi legati all’eccesso di androgeni. Ma possono essere adatti alle sole donne che non stanno cercando una gravidanza.
Più che altro, una terapia farmacologica ben ponderata dovrebbe tenere conto anche dello stato metabolico della donna oltre che dell’iperandrogenismo o dell’anovulazione. Infatti, oggi, le terapie farmacologiche si basano oltre che sui contraccettivi ormonali anche su:
- induttori dell’ovulazione (quando si è alla ricerca di una gravidanza);
- metformina e inositolo (per migliorare la sensibilità insulinica);
- antiandrogeni (in caso di evidenti segni clinici di iperandrogenismo);
- medicina dello stile di vita (un approccio sistemico sullo stile di vita e fattori ambientali).
Con particolare riguardo a quest’ultimo approccio terapeutico, il “lifestyle medicine”, cioè la medicina che si dedica allo stile di vita e ai fattori ambientali nel suo complesso come strumenti per migliorare la salute fisica, viene attribuito un grande valore.
Nel contesto della PCOS, l’applicazione dei dettami della “lifestyle medicine” consisterebbe in una rinnovata attitudine al movimento giornaliero. Quindi non un’attività fisica organizzata ma da realizzarsi attraverso piccole accortezze come fare le scale, spostarsi il più possibile a piedi, fare passeggiate. E soprattutto al mantenimento di corrette abitudini alimentari. Perché, negli anni, ci si è resi conto che migliorando l’attività fisica e l’alimentazione si sono create le condizioni per un miglioramento del quadro metabolico e ormonale di queste pazienti.
Per concludere, i farmaci più utilizzati nella PCOS sono i contraccettivi orali combinati, i progestinici e i farmaci insulino-sensibilizzanti. Ad ogni modo, questi farmaci riescono a trattare solo un singolo sintomo della sindrome da ovaio policistico e, spesso, non possono essere utilizzati per lunghi periodi, soprattutto nelle donne che cercano una gravidanza.
Ma quali le terapie farmacologiche quando si è in cerca di una gravidanza?
Alle pazienti in cerca di un figlio, prima di procedere a definire un qualsiasi protocollo terapeutico personalizzato, va evidenziata l’importanza del cambiamento dello stile di vita (controllo del peso e attività fisica), che deve restare la prima indicazione terapeutica. E, per favorire l’ovulazione, il ginecologo esperto in medicina della riproduzione potrebbe prescrivere il clomifene citrato. Si tratta di un principio attivo che favorisce un’iperproduzione di ormone FSH che, a sua volta, stimola le ovaie e la maturazione dei follicoli. Questo perché le donne, con sindrome dell’ovaio policistico, non sono in amenorrea ma hanno per lo più cicli sporadici e irregolari. E allora può accadere che durante il ciclo si crei un ovulo maturo per la fecondazione e che si possa rimanere incinte naturalmente.
Oltre a ciò, negli ultimi anni, si è cominciato a fare ricorso anche alla Metformina, in grado di migliorare la condizione di insulino-resistenza e ridurre, indirettamente, la secrezione dell’insulina stessa. E, incentivato da studi più recenti, anche gli inositoli per correggere il dismetabolismo.
Nella maggior parte dei casi, questo tipo di integratori, permettono la ripresa dell’ovulazione dopo solo tre mesi di assunzione e contrastano i sintomi dell’iperandrogenismo. Questo tipo di approccio, tuttavia, non è farmacologico. Si tratta, appunto, di integratori che possono assumersi anche in gravidanza, per ridurre il rischio di diabete gestazionale o in abbinamento alle altre terapie.
Va detto, tuttavia, che anche se gli integratori non richiedono ricetta medica è sempre consigliabile assumerlo sotto controllo di uno specialista. Inoltre, l’uso di integratori, certo, non esclude la necessità di una modifica dello stile di vita.
Ovaio policistico. Gravidanza naturale e Fecondazione assistita
Le donne affette dalla sindrome dell’ovaio policistico, anche se non hanno già programmato la gravidanza, se ne preoccupano per gli anni a venire. Conoscere le opzioni di trattamento terapeutico può aiutare a ridurre i livelli di ansia conseguenti all’acquisita consapevolezza del rischio di aborti spontanei e di possibile sterilità.
Per le coppie che cercano il concepimento, la sindrome rende maggiormente complicato programmare i rapporti intimi per la difficoltà di prevedere i giorni dell’ovulazione. Tuttavia, alcuni studi dimostrano che godere di un ottimo stato di salute prima dell’inizio dei tentativi aumenta la probabilità di gravidanza e assicura al nascituro le migliori condizioni per la crescita.
Quindi, condurre uno stile di vita sano, mantenere il peso corporeo con una dieta equilibrata, fare esercizio fisico regolare e assicurarsi un sonno adeguato sono le prime cose da fare per aumentare le possibilità di rimanere incinta e avere un bambino perfettamente sano, in maniera naturale.
Se, diversamente, il medico specialista della riproduzione dovesse identificare i presupposti di problematiche tali da rendere troppo poco probabile la fecondazione naturale, proporrà trattamenti, farmaci e procedure per predisporre l’organismo della donna alla fecondazione assistita.
Ovvio che l’approccio sarà dipendente dal grado delle alterazioni e di compromissione della capacità fertile. Ci saranno, per esempio, donne che hanno l’ovaio che produce più androgeni, ma che possono comunque ovulare normalmente e, quindi, non incorreranno in una particolare difficoltà nel raggiungimento del concepimento. Ci saranno, invece, situazioni in cui l’ovaio policistico è associato ad anovulatorietà, ovvero a una non ovulazione costante. In questi casi, la procreazione medicalmente assistita (FIVET e ICSI), con donazione di ovuli o meno, è più che un’alternativa. Certamente una corretta stimolazione ovarica sarà determinante per il migliore risultato.
Per ciò che attiene alle tipologie di metodiche più appropriate, non è possibile indicare a-priori l’una o l’altra metodica eseguibile. In quanto se l’ovaio policistico è associato ad altre complicanze, come per esempio tube con funzionalità alterata o altri problemi legati all’infertilità maschile la ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo) sarà la metodica preferenziale.
Generalmente, il trattamento più raccomandato è la FIVET (FIV convenzionale). Tuttavia, bisogna tenere presente che le donne con PCOS sono a maggior rischio di iperstimolazione ovarica. Pertanto, è molto importante essere monitorati costantemente. E lo specialista della riproduzione adatterà il protocollo e i tempi del trasferimento (trasferimento ritardato) nella modalità più opportuna al raggiungimento del risultato.
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