Come capire se è un problema di sterilità?
Tre sono gli esami per individuare l’infertilità femminile. Procedendo per step, il primo passo consiste nell’effettuare una valutazione dei trascorsi, ed è basato sull’esperienza clinica del professionista al quale è stato richiesto il parere. Gli altri due si effettuano in laboratorio.
In assenza di questi esami, nessuno può affermare con certezza che vi sia un problema di infertilità.
Generalmente, al primo colloquio conoscitivo con la coppia, suggerisco sempre tre esami per accertare l’infertilità femminile. Li elenco di seguito.
1. Anamnesi dell’infertilità femminile
L’anamnesi è il primo esame per la fertilità femminile e consiste, essenzialmente, in una valutazione basata sulla raccolta del maggior numero di dati storici del paziente che si rivolge allo specialista. Si svolge attraverso la compilazione di moduli che pongono una serie di domande che riguardano:
- il tempo trascorso nella ricerca del concepimento;
- la frequenza dei rapporti avuti in tale periodo;
- l’evidenza di eventuali problemi relativi ai rapporti sessuali.
In seguito, si raccolgono informazioni sulla presenza di problematiche presentatesi nell’infanzia o nell’adolescenza. Alcune problematiche, infatti, possono essere messe in relazione con un eventuale problema di infertilità nel presente.
Nella donna, l’anamnesi remota raccoglie informazioni sul corretto funzionamento dell’apparato riproduttivo. Si parte dalla comparsa della prima mestruazione per parlare anche dell’andamento dei cicli e all’eventuale uso di contraccettivi durante l’adolescenza ed età adulta.
Naturalmente il medico pone domande sulla presenza o meno di malattie che sono riconosciute come possibili cause di infertilità, quali la Sindrome dell’ovaio policistico, l’Endometriosi o infiammazioni delle tube. È anche importante sapere se la donna in precedenza ha avuto gravidanze spontanee o aborti per stabilire se si tratti di sterilità primaria o secondaria.
Non si devono trascurare, inoltre, le malattie relative ad altri organi che possono interferire con il concepimento, come diabete e alterata funzione della tiroide.
Infine, è importante raccogliere informazioni sulle abitudini di vita e sul lavoro poiché alcuni fattori che favoriscono la comparsa dell’infertilità dipendono, appunto, da abitudini di vita, come fumo e consumo abituale di alcol, o da lavori, come quelli che pongono a contatto con radiazioni o con sostanze chimiche che hanno un effetto negativo sulle funzioni del sistema riproduttivo.
Una corretta anamnesi è un’ottima base di partenza per un percorso che porti alla definizione della causa di infertilità, evitando l’esecuzione di esami inutili, e all’individuazione della soluzione più adatta. Per questo motivo è importante che la coppia che non riesce ad avere figli arrivi alla visita con tutta la documentazione e con le informazioni utili da trasferire al medico.
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Tra gli esami per l’infertilità femminile distinguiamo, inoltre, tra:
- Esami di laboratorio
- Esami strumentali
2. Esami di laboratorio per l’individuazione dell’Infertilità femminile
Gli esami di laboratorio sono indispensabili per valutare la corretta funzionalità dell’apparato riproduttivo.
Il prelievo di sangue va eseguito tra la seconda e la quarta giornata del ciclo mestruale.
Gli ormoni da dosare in tale intervallo sono: FSH, LH, prolattina, estradiolo, progesterone, testosterone e insulinemia. Rilevante è anche il dosaggio dell’ormone antimulleriano (AMH) che può essere effettuato in qualsiasi momento indipendentemente dal ciclo.
La valutazione di alcuni di questi ormoni è importante, non solo per capire se il mancato concepimento è dovuto, del tutto o in parte, a un’inadeguata secrezione ormonale, ma anche per personalizzare futuri trattamenti che abbiano l’obiettivo di ovviare alle carenze.
Valutare i valori dell’AMH (glicoproteina prodotta nella donna dai follicoli) consente di accertare il numero di follicoli primordiali e di conseguenza consentono una stima dell’età ovarica. I valori dell’AMH, infatti, subiscono una riduzione contestualmente alla diminuzione dei follicoli e, in questo modo, possono essere utilizzati come un indice per valutare la riserva ovarica della donna. Quest’ultima ha un valore inversamente proporzionale al decorso dell’età.
Alcuni studi recenti condotti dall’Istituto nazionale francese di salute e ricerca medica pubblicati sulla rivista Nature Medicine, inoltre, hanno messo in evidenza una possibile connessione fra la sindrome dell’ovaio policistico e l’ormone antimulleriano.
Secondo il team di ricercatori d’Oltralpe questa patologia può trasmettersi al feto prima della nascita e può essere correlata a un’eccessiva esposizione nell’utero all’AMH. Gli studiosi, infatti, hanno rilevato come le donne che soffrono di questa patologia hanno dei valori di AMH superiori del 30% rispetto a quelli normali.
Altri esami per l’infertilità femminile da effettuare sono quelli relativi alla funzionalità tiroidea perché un mal funzionamento della tiroide può essere coinvolto nell’infertilità.
Altrettanto importante lo screening per la trombofilia, dosaggio dell’omocisteina e il dosaggio degli anticorpi.
3. Esami strumentali per l’individuazione dell’Infertilità femminile
L’Ecografia Transvaginale è il primo esame da effettuare, perché permette di visualizzare l’apparato genitale femminile grazie a una sonda ecografica che viene introdotta nella cavità vaginale.
Quest’esame per la fertilità femminile consente di ottenere informazioni dettagliate sullo stato della vagina, dell’utero e delle ovaie. Rende possibile valutare e diagnosticare con accuratezza problematiche come cisti ovariche o fibromi dell’utero, malformazioni uterine e lesioni neoplastiche (tumori). Tale indagine è utilizzata come marker predittivo della riserva ovarica e permette di definire il numero totale di follicoli, con ipotetica capacità fecondante.
L’Isteroscopia è l’altro esame strumentale, tra gli esami per la fertilità femminile, utilizzato come indagine diagnostica per individuare le cause dell’infertilità o di aborti spontanei ripetuti. Inoltre, con l’isteroscopia si approfondiscono le cause di alterazione del ciclo mestruale. Tale metodica viene anche effettuata prima di procedere ad effettuare qualsiasi tecnica di procreazione medicalmente assistita.
L’isteroscopia è una tecnica endoscopica che permette di visionare l’interno della cavità uterina per diagnosticare e se necessario curare diverse condizioni patologiche dell’apparato riproduttivo femminile. Nel primo caso si parla di isteroscopia diagnostica, nel secondo di isteroscopia operativa.
Si tratta di un esame diagnostico non doloroso che analizza l’interno dell’utero e l’endometrio, per rilevare la presenza di polipi, miomi (fibromi), iperplasie e malformazioni uterine. Nel caso si rilevi la presenza di forme benigne si può procedere con la loro asportazione. L’isteroscopia diagnostica si effettua inserendo l’isteroscopio, un sottile strumento metallico del diametro di circa 4 millimetri, all’interno della vagina, con l’ausilio di un liquido che serve a dilatare il canale cervicale e a distendere la cavità uterina.
All’isteroscopio viene collegata una micro telecamera che, una volta introdotta nell’utero, trasmette le immagini al monitor controllato dal ginecologo. L’ispezione della cavità uterina consente di confermare o smentire la presenza di anomalie che possono presentarsi come asintomatiche oppure no. In questo modo, possiamo conoscere le condizioni ottimali della culla dove dovrà insinuarsi e svilupparsi l’embrione poiché valutiamo parametri come lo spessore, la vascolarizzazione, la ghiandolarità ed il colore dell’endometrio.
Prima di effettuare una tecnica di PMA è importante un corretto monitoraggio isteroscopico dell’endometrio.
Di notevole importanza è anche la valutazione della funzionalità tubarica troppo spesso ottenuta mediante metodiche invasive, spesso dolorose e quindi poco attendibili a causa delle frequenti reazioni spastiche.
Solo dopo aver effettuato questi esami e valutato attentamente gli esiti, potremmo capire se sussiste o meno una reale condizione di infertilità.
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