La Diagnosi Genetica Preimpianto (PGT), ormai è da considerarsi una metodologia intesa ad identificare, prima dell’impianto in utero, la presenza di malattie genetiche nell’embrione generato in vitro da coppie per le quali è comprovato un elevato rischio riproduttivo.
A queste coppie fino a pochi anni fa si consigliava di ricorrere alla diagnosi prenatale (villocentesi o amniocentesi), entro le prime 10-16 settimane di gestazione, per identificare la presenza di anomalie genetiche nel nascituro. Queste procedure, attraverso il campionamento e l’estrazione del DNA dalle cellule fetali, permettevano, e permettono ancora oggi, l’analisi di mutazione di specifici geni e/o la determinazione del cariotipo fetale.
Si tratta di tecniche di diagnosi prenatale più che affidabili per evitare la nascita di bambini affetti da malattie genetiche, ma le coppie a cui sono consigliate devono affrontare, nel caso di identificazione di dette anomalie nel feto, una interruzione terapeutica della gravidanza.
E, in molti paesi, sia per condizionamenti etico-morali sia per retaggi culturali o religiosi relativamente all’interruzione della gravidanza, la diagnosi prenatale non è una soluzione percorribile.
E i rischi di ripetute interruzioni di gravidanza si sommano a quelli di tipo psicologico di generare bambini affetti da malattie ereditarie congenite.
DIAGNOSI GENETICA PREIMPIANTO. LA NORMATIVA
Dall’esigenza di ridurre queste interruzioni di gravidanza e dall’evoluzione delle tecniche di fecondazione in vitro (IVF) nasce la PGT.
Metodica che ha permesso di spostare l’epoca della diagnosi dalla fase “post-impianto” alla fase “pre-impianto“.
La diagnosi, infatti, si basa sull’analisi genetica di alcune cellule dell’embrione che si sviluppa in provetta, “prima” che l’embrione stesso venga trasferito nell’utero della mamma.
In passato, le coppie con un figlio o un membro della famiglia con una malattia ereditaria, hanno avuto a disposizione le seguenti alternative per ridurre il rischio:
- astenersi dall’avere bambini e optare per un’adozione;
- accettare il rischio;
- optare per l’uso di tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) utilizzando ovociti di una donatrice;
- sottoporsi a diagnosi prenatale.
Infatti, per la legge 40, pre-intervento della Corte Costituzionale, una coppia avrebbe dovuto tentare una gravidanza per poi scoprire, a seguito di indagini prenatali, gravi patologie trasmesse al feto e decidere nel senso di una interruzione di gravidanza ai sensi della legge 194/78.
Ma già nel 2008, con l’intervento del Tribunale Amministrativo del Lazio, sono state poste le basi per le successive modifiche del testo legislativo del 2015.
Le revisioni al testo normativo permettono, oggi, alle coppie portatrici di gravi patologie genetiche di accedere alla fecondazione assistita, preselezionando gli embrioni da impiantare.
Ecco che, oggi, le coppie che si sottopongono ad un ciclo di fecondazione assistita, possono richiedere di essere informate sullo stato di salute degli embrioni prodotti (articolo 14, punto 5, legge 40/2004).
DIAGNOSI GENETICA PREIMPIANTO. COSTI E OPPORTUNITÀ
Lo scopo della Diagnosi Genetica Pre-Impianto (PGT) è di ottenere informazioni genetiche sullo stato di salute dell’embrione. Le informazioni che si possono ottenere riguardano sia mutazioni genetiche che anomalie strutturali o numeriche dei cromosomi. Informazioni essenziali per il trattamento della coppia infertile al fine di tutelare la salute della donna e del bambino.
L’accesso alla Diagnosi preimpianto non è, tuttavia, incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e, pertanto, non è sempre a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Diagnosi preimpianto dove?
Ad oggi, in Italia, il Test Genetico Preimpianto si può effettuare presso Centri di PMA convenzionati con il SSN. Il costo del ticket va dai 1.500 ai 3.000 euro in solvenza.
Diversamente, nei Centri di PMA privati il costo è interamente a carico della coppia.
È stato recentemente aperto il primo centro pubblico italiano dove effettuare diagnosi preimpianto tramite Sistema Sanitario Nazionale. Si trova presso l’Ospedale di Arco (TN).
Altri centri In Italia che svolgono la diagnosi preimpianto in regime SSN sono:
- Ospedale Mangiagalli, ma solo per 3 malattie genetiche;
- Ospedale di Siena, solo per alcune patologie;
- Microcitemico di Cagliari, per le talassemie.
È da chiarire che la tecnica in questione non può in nessun modo modificare o riparare l’embrione, ma solo identificare eventuali anomalie. Non può quindi aumentare le possibilità di successo della fecondazione in vitro, ma solo ridurre i rischi della gravidanza (rischio di aborto), ridurre i rischi legati alla salute del feto, e ridurre il tempo per l’ottenimento della gravidanza (evitando il trasferimento di embrioni non compatibili con l’impianto o non consigliabili per l’impianto).
PGT. POSSIBILI APPLICAZIONI DELL’ANALISI PREIMPIANTO
La Diagnosi Genetica Preimpianto non è una tecnica da effettuare sistematicamente su tutti gli embrioni, può essere proposta solo ad alcune coppie.
Nel rispetto delle indicazioni delle linee guida e della letteratura scientifica internazionale.
Queste ultime elencano i casi nei quali la Diagnosi Genetica Preimpianto porta maggiori risultati in termine di percentuali di nati.
A seconda degli obiettivi che il test persegue, si distinguono:
- lo screening PGT-M (Preimplantation Genetic Testing for Monogenic disorders) che è diretto a identificare gli embrioni non interessati da una specifica anomalia monogenica;
- la PGT-A (Preimplantation Genetic Testing for Aneuploidy) quando, invece, l’obiettivo è identificare la presenza di anomalie numeriche del corredo cromosomico (aneuploidie), comunque sempre presenti negli embrioni da impiantare perché direttamente correlate all’età dei pazienti, che possono condizionare negativamente l’esito della PMA;
- la PGT-SR (Preimplantation Genetic Testing for Structural Chromosomal Rearrangement) quando, invece, sussistono motivazioni tali da ritenere possibile una compromissione della struttura del corredo cromosomico.
La PGT-M e PGT-SR rispondono ad uno specifico quesito diagnostico (malattie monogeniche o anomalie cromosomiche trasmissibili), mentre la PGT-A si propone alle coppie che, pur non avendo una specifica indicazione a priori, sono ad alto rischio procreativo di aneuploidie cromosomiche.
Scopo principale della PGT-M e PGT-SR, quindi, resta quello di procedere al trasferimento di un embrione che non abbia ereditato la patologia (in quanto i genitori risultano entrambi portatori), mentre la PGT-A ha la finalità di trasferire embrioni con corredo cromosomico normale.
A CHI DEVE ESSERE CONSIGLIATA LA DIAGNOSI GENETICA PRE-IMPIANTO?
Lo sviluppo delle conoscenze sul genoma umano, con l’identificazione di nuovi geni coinvolti nell’insorgenza di malattie ereditarie, unitamente al progredire della tecnologia strumentale, ha notevolmente esteso il campo di applicazione di questa specifica metodica.
Di conseguenza, oggi, la diagnosi genetica preimpianto è assolutamente consigliabile in:
- Coppie portatrici di una malattia genetica ad alto rischio di trasmissibilità alla prole;
- Pazienti affetti da anomalie di numero o forma dei cromosomi, che sono legate ad una maggiore possibilità di aborto;
- Coppie in cui alla donna, di età uguale o superiore a 35 anni, la comprovata riduzione della potenzialità riproduttiva, al progredire dell’età, è attribuibile un elevato numero di embrioni con aeuploidie cromosomiche;
- Chi viene da ripetuti fallimenti di impianto (in tre o più cicli di trattamento Fivet/ICSI);
- Pazienti la cui storia riproduttiva è connotata da abortività ricorrente (aborti spontanei non dovuti a cause meccaniche);
- Coppie di pazienti in cui il partner maschile presenta un fattore maschile grave (oligoastenoteratospermia, criptospermia o azoospermia non ostruttiva) per i quali si prevede di ricorrere al prelievo di spermatozoi dalle vie seminali;
- Pazienti con un cariotipo alterato a causa della presenza di linee cellulari a mosaico a carico dei cromosomi sessuali (Mosaicismo cromosomico);
- Coppie in cui uno dei partner, in particolare la donna, è stato sottoposto a cicli di chemio-radioterapia o ha avuto una esposizione lavorativa o ambientale comprovata a radiazioni ionizzanti o inquinanti chimici.
Dal primo caso di PGT eseguito nel 1992, le strategie diagnostiche si sono evolute notevolmente, e di conseguenza si è avuta una consistente crescita del numero di malattie alle quali è stata applicata la metodica. Ad oggi esistono protocolli diagnostici per oltre 30 malattie monogeniche, autosomiche dominanti, recessive o legate al cromosoma X.
Patologie genetiche molto diffuse in cui la PGT oggi trova una valida applicazione comprendono Beta-Talassemia, Anemia Falciforme, Emofilia A e B, Distrofia Muscolare di Duchenne-Becker, Distrofia Miotonica, Fibrosi Cistica, Atrofia Muscolare Spinale (SMA), Sindrome di Lesch-Nyhan, Malattia di Charcot-Marie-Tooth, Alfa-1-Antitripsina e X-Fragile.
COME SI ESEGUE LA DIAGNOSI GENETICA PRE-IMPIANTO?
I pazienti che accettano di sottoporsi alla Diagnosi Genetica Preimpianto, durante una procedura di procreazione medicalmente assistita, dovranno percorrere vari step:
- Induzione dell’ovulazione;
- Prelievo di ovuli maturi;
- Fecondazione in vitro mediante iniezione intracitoplasmatica (ICSI);
- Biopsia della Blastocisti e analisi genetica;
- Impianto degli embrioni in utero.
Il primo step (Induzione dell’Ovulazione) è rappresentato da una stimolazione ovarica. Lo scopo è di indurre, nel ciclo prescelto, una maturazione contemporanea di più follicoli per poter avere a disposizione più ovociti e, di conseguenza, più embrioni da trasferire. Questa super-ovulazione può essere ottenuta a seconda di differenti protocolli terapeutici.
Il secondo step (Prelievo di ovuli maturi) è rappresentato dal prelievo degli ovociti per via transvaginale, sotto controllo ecografico. Con un ago sottile si pungono i numerosi follicoli ovarici per aspirare le uova perfettamente mature. Il liquido aspirato viene trasferito in laboratorio ed esaminato al microscopio per recuperare le uova da immergere, immediatamente, in un liquido nutritivo.
Nel terzo step (ICSI) l’embriologo inserisce un singolo spermatozoo all’interno dell’ovocita immobilizzato da una pipetta aspirante sotto il microscopio micromanipolatore, allo scopo di ottenere la fecondazione della cellula uovo.
Al quarto step (Biopsia della Blastocisti) si prelevano più cellule al quinto/sesto giorno di coltura in vitro (trofoectoderma), allo stadio di blastocisti. Questo stadio di sviluppo garantisce una maggiore robustezza dell’analisi genetica, oltre alla impossibilità di compromissione dello sviluppo dell’embrione a seguito della biopsia. Le cellule prelevate mediante l’impiego di un micromanipolatore vengono riposte in delle provette analitiche ed inviate al centro di genetica molecolare che effettuerà l’analisi.
Nel sesto e ultimo step (Embriotransfer), dopo aver analizzato sistematicamente le mutazioni, vengono trasferiti alla paziente gli embrioni che sono risultati normali all’esame genetico, cioè privi delle mutazioni ricercate.
DIAGNOSI GENETICA PREIMPIANTO. RISCHI E BENEFICI PSICOLOGICI
Grazie a questa complessa analisi genetica, le coppie affrontano le metodiche di procreazione assistita con una maggiore serenità e soprattutto con la mente sgombra da ogni dubbio concernente la salute genetica ed il sesso del nascituro.
Già, perché esistono numerose patologie genetiche che sono legate al sesso. La diagnosi genetica preimpianto permette, con una garanzia del 99%, di scegliere il sesso del nascituro. Ma, ai sensi dell’articolo 26 della legge 3305/2005, la selezione del sesso è permessa solo per ragioni mediche.
Ragioni, essenzialmente, legate alle anomalie genetiche dei cromosomi sessuali cui una coppia può essere portatrice. In questo caso, se dovessero essere concepiti figli di un determinato sesso, questi nascerebbero con patologie ereditarie.
Inoltre, anche se la percentuale di accuratezza della diagnosi preimpianto è molto alta, esiste una piccola possibilità di errore (1%). È per questo motivo che viene sempre consigliata una diagnosi prenatale, la villocentesi o l’amniocentesi, che confermi l’esito della diagnosi preimpianto.
Una cosa è certa, oggi, consentire di selezionare l’embrione non malato, e quindi ridurre i rischi di aborto, influisce positivamente sul vissuto dei pazienti e ne riduce, notevolmente, lo stress emotivo.
Da un punto di vista statistico, l’applicazione della biopsia del trofoectoderma, combinata all’analisi genetica embrionaria, ha evidenziato buone correlazioni in termini di aumento del tasso di impianto e gravidanza a termine per trasferimento embrionale.
Oltre a ciò è stata registrata una riduzione del 70% del rischio di abortività e una riduzione dei fallimenti di impianto.
E, infine, grazie alla possibilità del transfer di una singola blastocisti euploide, si è evidenziata una diminuzione significativa della percentuale di gravidanze gemellari.
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