Un aborto spontaneo è un’esperienza che nessuna donna vorrebbe mai vivere.
Eppure, non è un fatto molto raro. Sono in tante, troppe donne a dover provare il dolore di una gravidanza che non va a buon fine.
Quando si incorre in un aborto spontaneo, ovvero nell’espulsione involontaria di un embrione o del feto prima della 20ª settimana di gestazione, parliamo di un fenomeno, purtroppo, piuttosto frequente. Vengono fornite statistiche, secondo le quali, mediamente solo tra il 30 e il 50% delle gravidanze progredisce oltre il primo trimestre.
Le ragioni, circa le cause, sono molteplici e sembrano essere, per lo più, riconducibili ad anomalie cromosomiche dell’embrione o del feto, a malattie vascolari, all’età avanzata della mamma o a storie di precedenti aborti spontanei.
Comprendere e diagnosticare le cause dell’aborto spontaneo è fondamentale, al fine di poter portare a termine una successiva gravidanza, che andrà pianificata con l’aiuto della medicina della riproduzione.
Ma a chi si può rivolgere la coppia in caso di aborti spontanei plurimi?
ABORTO SPONTANEO. CAUSE E FATTORI DETERMINANTI
Sono sempre più numerose le coppie che cercando una gravidanza si trovano all’improvviso di fronte ad un evento drammatico quanto inatteso, la perdita del “bambino” prima della nascita.
L’espressione aborto spontaneo indica un’interruzione spontanea della gravidanza entro la ventesima settimana di gestazione. Ossia prima che il feto sia, ipoteticamente, in grado di sopravvivere autonomamente in caso di parto.
I motivi che provocano un aborto spontaneo non sono ancora del tutto chiari.
Tuttavia, nella maggioranza di casi si tratta di anomalie che non permettono all’embrione o al feto di svilupparsi adeguatamente e crescere. Per lo più, questo accade per la presenza di alterazioni cromosomiche incompatibili con la vita.
Alcuni fattori inoltre possono incidere negativamente, come l’età della donna (a maggior ragione se over 40), ma anche quella dell’uomo. Nello specifico è possibile distinguere le seguenti cause:
- Fattori genetici (oltre il 50% della casistica);
- Ovulo non sano;
- Patologie materne, comprese infezioni;
- Alterazioni ormonali (rendono difficoltoso il concepimento ma anche la stessa gestazione);
- Anomalie all’utero;
- Anomalie placentari;
- Gravidanza ectopica (ovvero quando l’embrione inizia a svilupparsi fuori dall’utero. Bassa la probabilità di sopravvivenza e condizione di rischio anche per la donna).
Le diverse forme e i sintomi dell’aborto spontaneo
L’aborto spontaneo dal punto di vista medico e clinico può essere distinto in base alla frequenza dell’evento e del grado di maturità dell’embrione.
Innanzitutto, è opportuno effettuare una distinzione fra aborto occasionale, ripetuto e ricorrente.
Nella prima ipotesi l’evento rimane un episodio isolato nella vita riproduttiva della coppia.
Secondo la Società Italiana della Riproduzione si parla, invece, di aborto ripetuto quando nella storia ginecologica di una paziente si verificano due episodi simili consecutivi entro la ventesima settimana di gestazione. L’aborto è ricorrente quando si verificano tre o più casi consecutivi.
Occorre precisare, da questo punto di vista, come il rischio di aborto spontaneo risulti superiore al 15% nelle donne che hanno dovuto affrontare un pregresso evento di questo tipo.
L’aborto spontaneo, inoltre, viene distinto anche sulla base dell’avanzamento della gravidanza e della relativa crescita dell’embrione. Da questo punto di vista si definisce “pre-embrionale” quell’evento che si verifica entro la quinta settimana di gestazione, “embrionale” se si produce fra la sesta e la nona settimana e “fetale” se avviene nel lasso di tempo che decorre fra la decima settimana e la venticinquesima.
Aborto spontaneo: Sintomi e accorgimenti da non sottovalutare
L’aborto spontaneo può essere preceduto e annunciato da diversi sintomi. Qualora uno di questi segnali si verifichi è sempre opportuno rivolgersi al proprio ginecologo, per valutare lo stato di salute complessivo proprio e del feto. Così da escludere l’ipotesi della necessaria interruzione di gravidanza.
Il sintomo più caratteristico, da questo punto di vista, è rappresentato dal sanguinamento vaginale che può manifestarsi in maniera variabile. Dallo spotting rosato a perdite più abbondanti e costanti.
Le tracce ematiche possono anche avere un andamento alterno e presentarsi per diversi giorni.
Il sanguinamento, comunque, non è necessariamente correlato ad un’interruzione di gravidanza e per questa ragione è opportuno recarsi immediatamente dal ginecologo per verificare quale possa esserne la causa.
L’aborto spontaneo può anche manifestarsi attraverso la perdita di liquidi e tessuti dalla vagina. Fra gli altri sintomi, è possibile anche includere la presenza di crampi, il mal di schiena, le contrazioni dolorose e la riduzione improvvisa dei segni normalmente associati ad una gravidanza in corso.
La presenza di tracce ematiche, come abbiamo appena visto, è uno dei principali sintomi di un’interruzione di gravidanza. Ma l’aborto spontaneo può anche manifestarsi senza la presenza di perdite.
Il sanguinamento, nell’ipotesi di interruzione di gravidanza, è il segnale dello svuotamento dell’utero. Quando, invece, il feto muore ma l’utero non si svuota si è in presenza di un aborto spontaneo senza perdite.
Quali sono le conseguenze di un aborto spontaneo?
Il momento successivo ad un aborto spontaneo può essere devastante, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Non indugiate nel chiedere aiuto ad uno specialista ed a seguire una terapia per “liberarvi” di quanto tenete dentro, e non abbiate timore di parlarne.
Purtroppo, ancora troppo spesso l’aborto spontaneo non è vissuto come un vero e proprio lutto ma è considerato alla stregua di un tabù. Relazionarvi con chi ha vissuto la vostra stessa esperienza e confrontarvi anche con il partner per condividere rabbia, frustrazione e tutti i sentimenti che portate dentro è estremamente importante.
Dal punto di vista medico, nei giorni successivi all’aborto vengono prescritti degli antidolorifici per i crampi, e ci si deve aspettare, nelle settimane seguenti, di avere sanguinamento, fino a quando tutto l’endometrio sarà espulso.
Dopo questo, generalmente occorreranno altre due settimane prima che le ovaie tornino a ovulare, e il primo ciclo dovrebbe tornare entro quattro/sei settimane.
Passato questo periodo, si può fare un controllo ecografico, e tentare un’altra gravidanza, se consigliata.
La rassicurazione sta nel fatto che, dopo l’aborto spontaneo, il rischio che si verifichi di nuovo non è maggiore rispetto a quello che hanno le altre donne (potrebbe essere un caso isolato). Caso diverso se gli aborti sono già stati più di due, o qualora l’evento si sia verificato dopo le 9/10 settimane, quando la gravidanza è già avviata normalmente e si rileva il battito cardiaco.
Anche in questi casi è importante andare a cercare i motivi che hanno determinato l’aborto.
In ogni caso, è buona norma fare alcuni controlli ai valori ematici, in particolare di glicemia e tiroide, e ovviamente allontanarsi da cattive abitudini, smettendo di fumare, mangiando sano e in maniera equilibrata, e iniziando ad assumere acido folico.
PERDERE UN BAMBINO IN GRAVIDANZA. PARLIAMONE
Alcune donne hanno un rischio maggiore di aborto spontaneo rispetto ad altre? Succede spesso e il più delle volte non si sa perché.
L’aborto spontaneo si verifica nel 15% delle gravidanze entro le 20 settimane di gestazione. Ma l’esatta portata del fenomeno e le sue cause sono difficili da ricostruire per mancanza di informazioni disponibili.
Uno dei pochi Paesi al mondo che raccoglie i dati sulle gravidanze terminate precocemente in maniera inaspettata è la Norvegia.
Ed è infatti qui che si è svolta la prima ampia indagine sui fattori di rischio dell’aborto spontaneo.
I risultati pubblicati puntano il dito contro due elementi piuttosto prevedibili: l’età della madre e le complicanze delle precedenti gravidanze.
La prima responsabile è l’età delle donne. Una gravidanza iniziata tra i 25 e i 29 anni di età ha il 10 per cento di possibilità di finire con un aborto spontaneo. Il rischio aumenta dopo i 30 anni arrivando al 53 per cento dopo i 45 anni. Ma anche restare incinta troppo presto aumenta le probabilità di non portare a termine la gravidanza. Le donne sotto i 20 anni di età hanno un rischio di aborto pari al 16 per cento.
L’altro dato emerso dalla ricerca, anche questo senza grandi sorprese, è che gli episodi, quando verificatisi, tendono a ripetersi.
Dopo un aborto, il rischio di subirne un secondo aumenta della metà e dopo due raddoppia. Le donne che hanno sperimentato per tre volte consecutive la delusione di una gravidanza interrotta aumentano le probabilità di un nuovo insuccesso di ben quattro volte.
I ricercatori hanno osservato, dati alla mano, quel che tanti ginecologi sanno per esperienza. Ossia che le complicanze delle gravidanze precedenti hanno un effetto negativo sulle future. Per esempio, un parto pretermine, un cesareo, il diabete gestazionale aumentano il rischio di aborto spontaneo nella successiva gravidanza.
Non accade lo stesso per la pre-eclampsia, condizione caratterizzata da pressione alta in gravidanza. Chi ne ha sofferto nel corso dei nove mesi di gestazione non deve preoccuparsi per gli esiti di una nuova gravidanza. Semplicemente, perché non è stata osservata alcuna associazione con il rischio di aborto spontaneo.
Anche le donne che sono nate sottopeso hanno maggiori rischi di andare incontro a interruzioni contro la loro volontà.
Occorre sottolineare che l’indagine menzionata ha la valenza di uno studio osservazionale e, come tale, non può stabilire un legame di causa ed effetto. Tuttavia, i risultati forniscono stime precise del rischio di aborto associato all’età della madre e suggeriscono anche il ruolo di alcune precedenti complicazioni della gravidanza.
Le percentuali a livello mondiale: un recente studio dell’Università della California
I casi di aborto spontaneo sono molto più frequenti rispetto a quanto sia possibile immaginare.
Secondo una recente ricerca condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica e riferita al 2015, in Italia si sono verificate 66.127 interruzioni spontanee di gravidanza. Una percentuale che corrisponde a circa il 14% del totale di gravidanze registrate in quello stesso anno.
Non sono rari, inoltre, i casi di secondi aborti spontanei, ossia le ipotesi nelle quali questo evento si verifichi ripetutamente in riferimento ad una stessa coppia. Secondo l’Istat, infatti, quest’ipotesi rappresenta il 18,2% di tutti i casi di interruzione volontaria di gravidanza.
Le statistiche a livello mondiale confermano i dati forniti a livello nazionale dall’Istat.
Secondo un recente studio condotto dall’Università della California nel corso della vita una donna fertile avrà più aborti spontanei che gravidanze a termine.
Secondo i ricercatori statunitensi, infatti, la maggior parte di questi eventi si verifica nelle primissime settimane di gestazione. In moltissime ipotesi, dunque, l’aborto si verifica senza che le donne ne vengano a conoscenza.
Cause aborto spontaneo: false credenze e rimedi fai-da-te
Molte persone pensano che l’aborto spontaneo sia un evento raro e che possano bastare singoli comportamenti a provocarlo. Non è così. Ma queste false credenze sono pericolose perché innescano sensi di colpa nelle donne che vivono questa esperienza.
E maturano convinzioni ed idee sbagliate sulle sue possibili cause. Questo, almeno, è quanto emerge da un’indagine condotta negli Stati Uniti dal gruppo di ricerca di Zev Williams, a capo del programma sull’aborto precoce e ricorrente dell’Albert Einstein College of Medicine di New York.
Secondo Williams e colleghi, queste false credenze possono avere un ruolo in alcune delle emozioni negative che accompagnano l’interruzione spontanea di gravidanza, come il senso di colpa e quello di isolamento. E c’è anche la conferma di un aspetto già evidenziato da altri studi, e cioè il fatto che, spesso, chi vive un aborto spontaneo sente di non ricevere un adeguato sostegno emotivo da parte della comunità medica.
I ricercatori hanno rivolto via web a circa 1000 volontari, uomini e donne maggiorenni, una serie di domande generali sul tema dell’aborto spontaneo. Più alcune domande specifiche alle stesse persone circa il loro vissuto. Ecco i risultati.
Per il 55% del campione, più di una persona su due, l’aborto spontaneo sarebbe un evento piuttosto raro e interesserebbe meno del 5% delle gravidanze. In realtà non è affatto così perché circa il 15-20% delle gravidanze (una su cinque) si interrompe da sola nelle prime settimane.
Questa falsa credenza può amplificare il senso di isolamento che molte donne e in, generale, molte coppie provano dopo un aborto.
Del resto, di aborto non si parla mai. Anzi, c’è la tendenza a tenere nascosta la gravidanza nel primo trimestre, proprio perché si teme che le cose possano andare male. Ma la motivazione di tutta questa segretezza è riconducibile al fatto che la donna ritiene di non ricevere un adeguato sostegno.
Altre false credenze, rilevate tra gli intervistati, attribuiscono questo risultato ad un evento stressante (o una lite) o all’aver sollevato pesi o utilizzato, in passato, contraccettivi orali o la spirale.
E ancora, c’è chi pensa che singoli elementi dello stile di vita (come il consumo di alcol o il fumo di sigaretta) possano rappresentarne la causa principale.
Tutte convinzioni, sostengono Williams e colleghi, che possono portare la donna che subisce un aborto a sentirsi responsabile dell’evento, amplificando il senso di colpa che potrebbe già provare di fronte a quella che sente come un fallimento del proprio corpo.
LE PRINCIPALI RAGIONI DELL’ABORTO SPONTANEO
In realtà, le ragioni principali sono di tipo genetico o medico. Le anomalie cromosomiche sono responsabili del 50-70% delle interruzioni spontanee di gravidanza di tipo sporadico, mentre in quelle ricorrenti entrano in gioco vari altri fattori, come la presenza di malformazioni uterine, di trombofilie, di malattie endocrine o immunitarie.
Attenzione però. Questo non significa che lo stile di vita non abbia un ruolo determinante.
Di sicuro fattori come il fumo di sigaretta, l’uso di sostanze stupefacenti, il consumo da moderato a elevato di alcool, l’assunzione di alcuni farmaci aumentano la possibilità di un’interruzione spontanea di gravidanza.
E sono, attualmente, in corso vari studi per chiarire il contributo dato all’evento dallo stress.
Per questo, un medico non può che consigliare di condurre una vita sana già da prima del concepimento. Oltre ad una dieta equilibrata, attività fisica, niente fumo e niente alcol, per assicurarsi il maggior numero di chance.
Però quando si ragiona in termini di popolazione generale appare corretto sottolineare che, nella maggior parte dei casi, le responsabilità vanno cercate altrove e che le scelte dei singoli non attivino che condizioni subordinate.
FERTILITÀ E GRAVIDANZA DOPO ABORTO SPONTANEO
Una delle domande più ricorrenti, per chi cerca una gravidanza dopo aborto spontaneo, è: meglio subito o aspettare?
Molte donne desiderano tentare un nuovo concepimento immediatamente. Ma la maggior parte è spesso travolta da sentimenti negativi come la paura di non essere in grado di avere un bambino, l’ansia di un nuovo aborto o, peggio, un profondo senso di colpa per il timore di aver fatto qualcosa di sbagliato.
In realtà così non è. Risulta essere un evento piuttosto comune, durante il primo trimestre o nelle prime settimane di gestazione, l’aborto spontaneo. Prime settimane in cui sorge doverosa la necessità di valutare tutte le ripercussioni causate dall’aborto, sia fisiologiche che psicologiche.
Dal punto di vista fisiologico, potrebbe essere necessario affrontare la procedura ginecologica del raschiamento (operazione che procede con la rimozione di una porzione di endometrio o una massa anomala contenuta nell’utero). Stando, invece, ai risvolti psicologici, questi possono essere molto complessi e impegnare la stessa coppia in lunghi percorsi terapeutici.
Per chi riesce a elaborare la perdita, nasce, invece, il bisogno di sapere quando tentare di nuovo e quali indagini diagnostiche fare. Le attuali linee guida dell’OMS affermano che dopo un aborto, sarebbe meglio aspettare 6 mesi prima di ricercare una nuova gravidanza per ridurre il rischio che accada di nuovo.
L’OMS nel documento “Clinical practice handbook for safe abortion” ha fornito le linee guida generali per gli operatori sanitari e i pazienti nelle ipotesi di interruzione della gestazione.
In particolare, l’Organizzazione ha rilevato come, sia che si tratti di una nuova gravidanza dopo aborto che di una gravidanza dopo raschiamento, sia opportuno per la coppia far trascorrere un periodo di almeno sei mesi. Il decorso di questo tempo è necessario per consentire il pieno ripristino delle funzionalità ovariche e massimizzare le possibilità di portare avanti una nuova gravidanza senza ulteriori complicanze.
In netto contrasto con quanto raccomandato finora dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), c’è una ricerca dell’Università di Aberdeen, in Scozia, pubblicata sulla rivista Human Reproduction Update.
Lo studio, pubblicato sul British Medical Journal, avrebbe esaminato oltre 30.000 donne, traendo la conclusione che un concepimento avvenuto entro i sei mesi era associato a un più basso rischio di incorrere in un secondo aborto spontaneo, o gravidanza ectopica, rispetto a chi concepiva 6-12 mesi dopo.
Dal punto di vista medico, non ci sono opinioni univoche sul rimanere incinta dopo un aborto spontaneo. Perché sia più facile portare a termine una gravidanza subito dopo un aborto spontaneo non è ancora chiaro, e lo ammettono i ricercatori. Una spiegazione potrebbe essere che i due partner dopo l’aborto si prendono più cura di loro stessi, sono più motivati e forse addirittura più fertili, ma al momento queste sono soltanto supposizioni.
Si tratta di situazioni molto soggettive per le quali occorre tenere conto anche dello stato psicologico della donna interessata. Alcuni medici, infatti, consigliano di riprovare subito, per superare il dolore, altri di aspettare almeno due cicli mestruali.
Quanto agli aspetti psicologici occorre tenere conto di diversi fattori.
Alcune donne sono in grado di superare subito il dramma, altre potrebbero aver bisogno di uno psicoterapeuta, in quanto si colpevolizzano e l’aborto viene vissuto come un fallimento.
I controlli da fare prima di cercare una nuova gravidanza
Come abbiamo sottolineato in precedenza, l’aborto è un evento che può verificarsi per una pluralità di cause e può essere influenzato da molteplici fattori.
Per queste ragioni, prima di intraprendere una nuova gravidanza, soprattutto nel caso di aborti ricorrenti, è opportuno effettuare degli esami che consentano di accertare la presenza di eventuali cause o fattori che hanno influito sulla precedente interruzione della gestazione.
Fra i test consigliati, innanzitutto, è opportuno eseguire un’analisi del sangue che possa permettere di valutare la presenza di eventuali disturbi ormonali o di deficit del sistema immunitario. Inoltre, può anche essere indicato un test cromosomico di coppia per valutare se esistano incompatibilità o problemi cromosomici.
Dal punto di vista prettamente ginecologico, un esame come l’ecografia addominale o transvaginale può consentire di scoprire o escludere eventuali problemi all’utero.
Qualora il ginecologo sospetti la presenza di anomalie alla cavità uterina può indicare anche la necessità di eseguire un’isteroscopia o un’isterosalpingografia.
Quali le settimane di gravidanza più delicate e quando si è fuori pericolo aborto?
Non è un caso che molte future mamme annuncino di aspettare un bimbo solo alla fine del primo trimestre. Quindi, una volta che il rischio aborto è diminuito notevolmente.
I primi tre mesi di gravidanza, infatti, sono i più critici, perché tutto si deve avviare in modo perfetto.
Il primo trimestre è il periodo in cui si verificano alcuni dei passaggi più delicati della gestazione che comprendono l’annidamento dell’uovo fecondato nella parete interna dell’utero (endometrio) e l’organogenesi, ovvero la formazione strutturale degli organi del feto.
Qualunque condizione che complichi tali processi potrebbe determinare effetti anche molto seri. Proprio in questo periodo il rischio di aborti spontanei o danni al nascituro risulta più alto e ciò comporta un parallelo aumento delle precauzioni che la gestante deve seguire a scopo preventivo, come sottoporsi agli esami di controllo.
Una volta iniziato il secondo trimestre, invece, le probabilità di interruzione della gravidanza, così come quelle di complicanze fetali, si abbassano drasticamente. Un cambiamento che deriva principalmente dal fatto che il feto risulta ormai quasi del tutto formato e quindi capace di affrontare con maggiore forza e resistenza gli eventuali problemi che si dovessero manifestare nel rimanente tempo dell’attesa.
COME LA PMA PUÒ FAVORIRE LA GRAVIDANZA NEI CASI DI ABORTO SPONTANEO RICORRENTE?
I progressi delle tecniche di riproduzione assistita hanno ridotto la possibilità di aborti ripetuti durante la gravidanza.
Una di queste tecniche è la diagnosi genetica preimpianto, che permette di studiare il patrimonio genetico degli embrioni prima dell’impianto, e di selezionare gli embrioni più sani e privi di alterazioni cromosomiche e/o genetiche che saranno trasferiti nell’utero. Poiché questa tecnica aiuta a prevenire la trasmissione di malattie genetiche o alterazioni cromosomiche agli embrioni, il tasso di aborti nel primo trimestre di gravidanza diminuisce considerevolmente.
Questa diagnosi può essere combinata con l’inseminazione artificiale, che consiste nel depositare in utero gli spermatozoi del partner o di un donatore, precedentemente selezionati da un campione al momento dell’ovulazione.
Un altro modo per rimanere incinta è il ricorso all’ovodonazione, che è la tecnica di riproduzione assistita che utilizza gli ovuli provenienti da una donatrice anonima per creare embrioni di qualità ottimale. Può essere una tecnica utile per le coppie che possono trasmettere malattie genetiche agli embrioni.
Ogni caso deve essere personalizzato.
È opportuno tenere presente che le tecniche di riproduzione assistita possono aiutare a ridurre la probabilità di aborto spontaneo per cause cromosomiche o genetiche, ma non nel caso di malattie materne o malformazioni uterine.
Casi di aborto spontaneo. Le tecniche consigliate
La fecondazione assistita può essere un metodo utile per tentare una nuova gravidanza dopo un aborto spontaneo, soprattutto in quei casi in cui l’aborto si è verificato per cause patologiche.
Per esempio, quando si soffre di endometriosi, il rischio di aborto o di gravidanza extrauterina sono maggiori rispetto alle donne che non soffrono di queste patologie.
In questi casi, oggi si utilizzano sempre più di frequente tecniche come la crioconservazione del tessuto ovarico che consente di prelevare il tessuto durante l’intervento finalizzato alla cura dell’endometriosi.
In questo caso, i frammenti vengono crioconservati fino al momento in cui la condizione clinica della paziente non sarà migliorata e possa permettere il reimpianto. Aumentando così le probabilità di portare a termine la gravidanza.
Nelle ipotesi di aborto spontaneo, soprattutto qualora i casi siano ripetuti e si riveli un’incompatibilità cromosomica fra i partner, la soluzione più adeguata è rappresentata dalla fecondazione assistita ed in particolare da una tecnica come l’ovodonazione.
Un recentissimo studio all’avanguardia intitolato “Maternal Killer-cell Immunoglobulin-like Receptor (KIR) and fetal HLA-C compatibility in ART- oocyte donor influences live birth rate” ha dimostrato come una scelta selettiva della donatrice di ovociti in base alla compatibilità genetica con la ricevente può ridurre il tasso di aborto spontaneo dell’85%.
In particolare, la selezione di una donatrice compatibile per l’ovodonazione permette di passare da un tasso di aborto spontaneo del 94% (con donatori sconosciuti) all’8% nei casi di individuazione preventiva secondo criteri di compatibilità genetica con l’utero ricevente.
“Accogliere il dolore degli altri non è mai facile, soprattutto per chi è cresciuto in una società spaventata, impreparata di fronte a certi argomenti, tanto da renderli dei tabù. Si ha l’impressione di non avere le parole, di non sapere cosa dire. Ma in casi come questi non è necessario trovare le parole, è sufficiente saper ascoltare.”
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